La riabilitazione cognitiva nei pazienti oncologici
Nel corso degli ultimi anni, si è assistito a un rilevante sviluppo delle terapie mediche e chirurgiche rivolte ai pazienti affetti da tumore. Diverse sono state le scoperte in ambito oncologico, sia da un punto di vista diagnostico sia terapeutico, che hanno permesso un aumento del grado di sopravvivenza. Tuttavia, spesso i pazienti trattati per tumori non associati al sistema nervoso centrale, come il cancro al seno, presentano una riduzione del normale funzionamento cognitivo. Una soluzione terapeutica a tale condizione è la riabilitazione cognitiva.
I deficit cognitivi nel paziente oncologico
Spesso, i pazienti oncologici con un tumore non associato al sistema nervoso centrale riportano compromissioni del funzionamento cognitivo. I deficit cognitivi possono riguardare una o più funzioni cognitive e si mostrano con diversi gradi di severità, da lieve e severi. Tali deficit possono spesso rallentare o compromettere l’esecuzione delle consuete attività lavorative e sociali [1]. Tra le funzioni cognitive principalmente compromesse nei pazienti oncologici, troviamo [2, 3]:
- la memoria
- l’attenzione e concentrazione
- la capacità di eseguire più compiti contemporaneamente (multitasking)
- orientamento spaziale
- velocità di elaborazione delle informazioni
- funzioni esecutive, ossia memoria di lavoro, controllo inibitorio, flessibilità cognitiva, ecc.
In quali pazienti oncologici possono presentarsi i deficit cognitivi?
Il deterioramento cognitivo può colpire tutti i pazienti con una neoplasia, indipendentemente dalla sede. Dunque, non solo pazienti con tumore al sistema nervoso centrale, ma anche pazienti con altre forme tumorali, tra cui il cancro al seno [4].
In particolare, le donne con cancro al seno hanno riportato la maggior percentuale di turbe cognitive [5]. Questo si pensa possa essere dovuto alla malattia in sé, ma soprattutto alle terapie antitumorali. Tra tutte le tipologie di trattamenti oncologici, la chemioterapia è quella maggiormente associata alla compromissione cognitiva. Da uno studio è emerso che circa 1 donna su 5 trattata con chemioterapia presenta uno o più dei deficit cognitivi precedentemente elencati [5].Questo è il motivo per cui ci si riferisce spesso a questa condizione con il nome di “chemobrain” o “chemofog” [6]. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che manifestazioni cliniche di declino cognitivo e segni di neurodegenerazione (es., perdita di neuroni, assoni e/o vasi sanguigni) sono stati descritti come conseguenza anche di altri trattamenti antitumorali (radioterapia, chirurgia e terapia ormonale) e sono stati mostrati anche prima dell’inizio delle terapie e in coloro che non hanno ricevuto alcun trattamento. Per i motivi appena descritti, è più appropriato usare l’espressione di “disfunzione cognitiva correlata al cancro” o cancer-related cognitive impairment (CRCI).
Quali sono le cause dei deficit cognitivi dovuti al cancro?
Ad oggi, le cause dei disturbi cognitivi dovute al cancro non sono del tutto chiarite. Tuttavia, molti ricercatori concordano sulla sua natura multifattoriale. In particolare, si ipotizza che il declino cognitivo possa essere il risultato di diversi fattori, tra cui:
- processi fisiopatologici legati al tumore stesso, indipendentemente dalla sua sede;
- effetti collaterali dei trattamenti antitumorali (es., radioterapia, chemioterapia e terapia ormonale) [7];
- eventuale presenza di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sviluppato a seguito della diagnosi. Vi sono abbondanti studi che indagano l’impatto di PTSD sul cervello e sul funzionamento cognitivo nei pazienti oncologici e secondo queste indagini il PTSD nei pazienti oncologici è associato ad anomalie cerebrali funzionali e strutturali (diminuzione dei volumi dell’ippocampo e atrofia della sostanza bianca) e a conseguente deterioramento cognitivo [8];
- lo stress psicologico, che, quando eccessivo, può causare cambiamenti negativi alla struttura del cervello, andando a colpire aree associate al funzionamento cognitivo, come l’ippocampo per la memoria [8]. Tale stress, se associato alla scarsa qualità del sonno, ai ritmi circadiani interrotti, all’affaticamento e/o a sintomi depressivi, può esacerbare le difficoltà cognitive;
- età del paziente, in quanto con l’avanzare dell’età si va incontro ad un fisiologico declino delle strutture cerebrali e del funzionamento cognitivo. Dunque, nell’età adulta avanzata si inizia ed essere mentalmente meno reattivi e, quindi, a fare un pò più fatica del solito nel ricordare informazioni come gli appuntamenti in agenda e nell’apprendere nuovi concetti;
- presenza di disturbi mentali, come ansia e depressione che, insieme ai deficit cognitivi, all’affaticamento e al dolore causati dalle terapie mediche, possono compromettere l’autonomia e la qualità della vita [1],
- predisposizione genetica per il deterioramento cognitivo [9].
La riabilitazione cognitiva: una palestra per la mente
Ad oggi, non esistono terapie farmacologiche efficaci nel trattamento dei deficit cognitivi [10]. Tuttavia, la crescente domanda per la gestione dei deficit cognitivi ha portato allo sviluppo di soluzioni efficaci, tra cui l’esercizio fisico e la riabilitazione cognitiva. Dell’esercizio fisico si è parlato già in precedenti articoli [11, 12]. Qui, ci focalizzeremo sulla riabilitazione cognitiva, ossia un trattamento non farmacologico che si fonda sulle scoperte neuroscientifiche relative alla plasticità del cervello. In particolare, la riabilitazione cognitiva consiste in un insieme di procedure ed esercizi che consentono di migliorare la funzionalità cerebrale e, di conseguenza, le funzioni cognitive compromesse [13, 14, 15]. Ciò è possibile mediante esercizi specifici effettuati con il tradizionale metodo carta-e-penna e con i più recenti dispositivi computerizzati. Oltre a recuperare le funzioni cognitive compromesse e potenziare quelle residue, alcuni dei principali benefici derivanti dalla riabilitazione cognitiva sono:
- migliorare la qualità della vita;
- migliorare le capacità adattive della persona, aiutandola a ritornare standard di vita quanto più simili a quelli precedenti la malattia;
- favorire il reinserimento sociale e lavorativo;
- migliorare l’indipendenza e l’autonomia nell’esecuzione delle attività quotidiane, attraverso l’apprendimento di strategie per la gestione dei problemi [16],
- stimolare, globalmente, l’attività mentale del soggetto, favorendo il raggiungimento del miglior livello possibile di funzionalità psicologica, fisica e sociale.
La riabilitazione cognitiva deve essere svolta da psicologi con competenza specifica in neuropsicologia. In base alle condizioni cliniche, le sedute di riabilitazione sono svolte nelle stanze di terapia, in ospedale, nel centro di riabilitazione cognitiva o a casa. Le sedute, della durata di 50/60 minuti, hanno una frequenza settimanale variabile a seconda dell’entità del deficit, possono essere svolte 2 o 3 volte a settimana. L’intervento può essere svolto in tutte le fasi del trattamento medico. Tuttavia, un intervento cognitivo iniziato già in fase precoce è in grado di migliorare notevolmente le prestazioni cognitive del soggetto [10, 13, 15, 14, 16, 17].
La valutazione neuropsicologica
Per sapere dove si vuole arrivare e che strada percorrere, è necessario conoscere il punto di partenza. Questo è il motivo per cui, prima di effettuare un intervento riabilitativo cognitivo, che sia per deficit cognitivi dei pazienti oncologici o per deficit conseguenti a danni neurologici non degenerativi (es., ictus, trauma cranico), occorre una specifica valutazione delle funzioni cognitive, psicologiche e comportamentali. Queste possono essere valutate attraverso l’esecuzione di una batteria di test neuropsicologici. Tale approccio è giustificato dal fatto dalla natura complessa della sfera cognitiva che si compone di diverse funzioni tra loro collegate che, in alcuni casi, sono inscindibili. Dunque, tali funzioni possono essere indagate solo da figure professionali specializzate, come il/la neuropsicologo/a, in grado di somministrare test funzione-specifici e di effettuare uno screening globale del/la paziente. La valutazione neuropsicologica viene effettuata per fini diagnostici, peritali o assicurativi (permette di certificare la presenza di deficit neuropsicologici) e/o riabilitativi allo scopo di:
- delineare il profilo cognitivo della persona
- definire l’entità del deficit
- evidenziare le componenti cognitive ancora integre
- valutare le ripercussioni sulla qualità di vita
- costruire percorsi riabilitativi personalizzati per recuperare la funzionalità persa o compensare il deficit con strategie ad hoc.
Svolta la valutazione clinica, la diagnosi neuropsicologica chiarisce se una difficoltà cognitiva, caratteriale e comportamentale di un paziente sia legata all’età, a un disagio psico-emozionale o a un vero e proprio danno conseguente a malattia o trattamenti oncologici. Infine, si propone al/la paziente il percorso riabilitativo più adatto al caso specifico.
Conclusioni
La riabilitazione cognitiva è un trattamento basato su evidenze scientifiche che si è dimostrato efficace nel supportare la paziente ad affrontare nel migliore dei modi le principali problematiche della malattia oncologica. I suoi maggiori effetti sono emersi in corrispondenza del periodo iniziale della malattia, anche se i suoi benefici si estendono per tutta la durata della malattia e oltre. Dunque, sarebbe ottimale se la presa in carico del paziente avvenisse tempestivamente. In questo, la figura del medico può fornire un grande contributo, indirizzando da subito il paziente verso lo specialista più adatto per una valutazione neuropsicologica. La riabilitazione cognitiva si orienta verso un modello biopsicosociale che, oltre a identificare il deficit cognitivo considera anche le possibili conseguenze emotive, comportamentali e sociali, ponendo come obiettivo dell’intervento quello di promuovere una maggiore autonomia e indipendenza del soggetto nel vivere quotidiano. Varie sono le strutture in Italia che si occupano di valutazione e riabilitazione cognitiva e tra queste “Nemo – Allenamento e Cancro” ha ritenuto fondamentale includere un Servizio di Supporto Psicologico, con professionisti esperti nel settore delle neuroscienze, della neuropsicologia e psiconcologia al fine di offrire informazioni più dettagliate su questo tipo di trattamento che si sta sempre più profilando come una nuova frontiera della disciplina riabilitativa.
Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito o cliccare qui.
Maria Chiara Carriero©
Psicologa –Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Neuropsicologica integrata
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