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Le cure Silvia Grua

Le cure

 

Son qui che ritiro dalla stendino le varie divise che ho usato in questi giorni per i miei giri in bici, per le mie passeggiate nei sentieri, per le mie ‘boccate di ossigeno’ e, oltre a pensare alla fortuna di non dover stirare nulla, mi succede di andare indietro con i ricordi e catapultarmi indietro, nei momenti salienti della mia vita…

 

Ed eccomi a 12 anni fa, intenta nei preparativi del mio zaino per dirigermi verso le mie amate montagne con tanto di pila frontale per andare a fare una ciaspolata notturna, con una splendida luna piena che mi accompagnerà e solo il rumore del vento da contorno!

Il telefono suona insistentemente e mia mamma, con una voce spaventatissima, mi chiede di correre in soccorso di mio papà’ che era caduto nella vigna, suo hobby da sempre. Mi precipito subito, mio padre necessita di cure ospedaliere che però rivelano altro: è stato colpito da un aneurisma cerebrale. Inizia così il suo calvario fatto di mesi in coma, di interventi chirurgici, riabilitazioni, di un cammino da percorrere molto diverso da quello vissuto fino all’età di 64 anni…

 

Esattamente un anno dopo quel giorno, con una vita cambiata all’improvviso, io mi ritrovai con una busta in mano che diagnosticava un CANCRO e con una cartella zeppa di appuntamenti in ospedale, una strada da dover intraprendere che non conoscevo, ma sapevo che era difficile, molto difficile. Per un attimo io, abituata alla velocità delle gare, a vivere in modo super dinamico, mi fermai, mi chiusi come un riccio sul divano, dovevo riflettere. Quando inizi questo percorso, non sai cosa ti aspetta, perchè’ non sai cosa sono le terapie, sai che saranno pesanti da affrontare, con tanti effetti collaterali, che ti indeboliranno, e milioni di pensieri e di dubbi ti invadono. 

 

Andai a cercare gli occhi azzurri limpidissimi di mio papà, purtroppo l’aneurisma lo lasciò completamente paralizzato e, con una forza di volontà incredibile e un percorso riabilitativo fatto su misura per lui, riconquistò l’uso di un braccio. 

Era ora di cena e lui, con la sua meravigliosa voglia di voler conservare una dignità di uomo, riusciva a mangiare in modo autonomo..Nelle sedute di fisioterapia  metteva l’anima e tutto il suo cuore per mantenere i risultati: scriveva, disegnava, giocavamo a carte e con la sua carrozzina, che era un po’ il suo destriero a due ruote, facevamo lunghissime passeggiate cogliendo ogni singolo raggio di sole per illuminare le nostre giornate!

 

Dopo averlo incontrato, non ebbi più esitazioni DOVEVO CURARMI. Avevo un grande, grandissimo esempio vicino a me e dovevo combattere, dovevo intraprendere una strada che mai avrei pensato di dover percorrere, che era per me oscura, dove avrei scoperto passo dopo passo cosa  dovevo affrontare. Ma sapevo che l’azzurro di quegli occhi mi avrebbe accompagnata in quel cammino in salita, come lo stesso azzurro di quei cieli infiniti che contemplavo quando arrivavo in cima nelle scalate delle mie amate montagne, passo dopo passo, contando i km che mancano alla vetta in sella alla mia bici, specchiandomi in quell’infinito, trovando la forza di andare avanti e arrivare lassù, dove tutto il resto non conta…

 

E soprattutto dovevo vincere la mia gara più importante chiamata VITA…

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